Dentro il Polmone...

Se vi piacciono le storie che toccano l’anima, non lasciatevi sfuggire Polmone Pulsante, edito da Apollo Edizioni, "una storia, tra le storie del mondo, che nell’atto magico della narrazione diventa favola". Un romanzo nato nel cuore di una Roma dimenticata che vuole e, riesce, a evocare antiche, attuali, archetipe forme d’amore. "Questo romanzo parla d'amore, infatti, ma solo perché parla della vita e, soprattutto, della morte, delle tante piccole quotidiane morti che i nostri cuori sono costretti loro malgrado a sopportare", indica il giornalista Riccardo Palmieri che ne ha curato l’introduzione. Un libro che vi farà innamorare dei luoghi, dei personaggi e vi farà appassionare, perché questa storia, che trae il titolo dal Museo Polmone Pulsante di Roma, attraverso le vicende che racconta e che vivono i protagonisti Chiara e Lorenzo, vuole portarci a riflettere sul valore profondo dei nostri respiri, delle nostre scelte, delle nostre paure, della nostra capacità di soffrire, perdonare, vivere, amare, senza perdere mai il contatto con quel filo che unisce in maniera costante e impercettibile noi al mondo, ossia, le emozioni.

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16.
Intercity Roma-Cosenza
Sosta nella stazione di Formia

 
20 Settembre 2007
Quel che è vero è che non sai mai nulla ma cammini con uno zaino pieno di esperienze che ti forniscono solo le indicazioni per il prossimo passo. E il prossimo passo è sempre e solo un nuovo orizzonte da sfidare. Caro Andrea. Mio dolce fratello. Ti scrivo questa lettera dopo tantissimo tempo. Non riesco a esprimere a parole l’universo che ho dentro tuttavia ci proverò, perché ora ho la certezza che nessuna separazione corrode gli affetti, nemmeno la tua. E non perché resta il ricordo di un bene, ma perché quel bene è vivo e si esprime ogni giorno legando il cielo e la terra, e passa da te a me, continuamente.
Ora lo so. Ora che sono stata nella tua Roma. Ora che è diventata la mia Roma. Ora che la tua sorellina ha finalmente compreso quello che hai sempre cercato di spiegarle, parlandole della vita come di una festa a cui non bisogna mancare mai, per nessun motivo. Sono stata una stupida a non capire. A camminare nel mondo e nel destino cercando sempre il posto perfetto, il momento perfetto, le persone perfette con cui sentirmi a mio agio. Torno cambiata e questo cambiamento è positivo: c’è un’energia nuova che scorre dentro di me e che non dipende da nessuno, neppure dalla mia mente. Tuttavia mi fa sentire felice! Ho imparato molte cose su di me, e ho svelato un mistero che avevo sempre ignorato. Ho scoperto di avere un corpo. Ho toccato terra e ora forse sarei persino in grado di circoscrivere l’amore, di cominciare a comprenderlo. Mi sono sentita dire «ti amo» per la prima volta da un ragazzo che mi ha fatto pensare a te.  Non lo nascondo: ho creduto che mi avessi inviato un angelo per aiutarmi ad attutire il colpo dell’impatto con la terra.
Non saprei dare altra spiegazione alla dolcezza del suo sguardo. Si, hai indovinato, è di Lorenzo che ti sto parlando.
Quando dopo un lungo giro in macchina mi ha invitata a salire a casa sua mi chiedevo perché. Mi sembrava sconveniente. Mi sembrava inopportuno. O forse, semplicemente, avevo paura. Ho avuto paura quando mi ha preso le mani e mi ha confessato di provare degli strani sentimenti nei miei confronti. Ho avuto paura di me stessa quando, per sfuggire all’imbarazzo, l’ho attaccato dicendogli
che non era necessario parlare di sentimenti per farsi una storia.
Ho avuto paura quando, senza rispondere alla provocazione, mi ha baciata e mi ha stretta a sé: è stato come essere vittima di un incantesimo.
Nel suo bacio mi sono sentita come sospesa sulle voci del mondo e rapita da pensieri e da ricordi sotterrati nel tempo che, improvvisamente, sono tornati vivi. Le sue mani accarezzavano il mio viso, i miei capelli e, a ogni carezza, la realtà intorno si scioglieva e io con essa. Non so dove abbia trovato l’audacia di confessargli che nessun altro respiro aveva mai dato consistenza al mio corpo.
Gliel’ho detto in un fiato. Credevo si mettesse a ridere. Pensavo mi prendesse per pazza. Invece ha pianto. Ha pianto con me. Mi ha abbracciata.
«Tu puoi insegnarmi la purezza che ho perso. Tu puoi ridarmi l’innocenza che la vita ci toglie». Ha sussurrato stringendomi al suo petto. C’era dolore nelle sue parole. Ma c’era anche gioia. Dietro la strada, le voci della gente, le scale, la porta, le pareti con i quadri appesi, la radio accesa. Dietro i bicchieri sul tavolo, il fumo delle sigarette non spente, la mia camicia. Dietro la pelle e i muscoli, dietro lo strato delle ossa, sentivo una voce dimenticata. Lentamente ho riconosciuto in essa quel fiato di vento che fischiava tra gli alberi. Lo ricordi quel principe che mi chiamava nella neve?
Quella voce della mia infanzia, dei miei sogni di bimba era ancora lì, dopo essere stata obliata per tanto tempo. Ma questa volta capivo le sue parole, e bisbigliava: «sono io che hai cercato nel vento» .
Questa volta sentivo il suo calore. Il suo sguardo scorrere nelle mie vene. Le sue mani, sfiorare i miei seni. Un uomo ha accarezzato i miei seni per la prima volta. Ho sentito l’innocenza della passione
avvicinarsi alla mia anima sperduta. Trovarla, selvaggia, nel vento in cui mi ero smarrita. Ricondurla nei confini della mia pelle e restituirmi una vita. Un’identità. Un’essenza. E non ho più avuto paura. Non ero sola nell’avventura del piacere. Eravamo due spazi che fatalmente si attraevano l’uno verso l’altro divenendo un unico universo sotto lo strato uniforme e delicato della pelle. Lui sussurrava al mio orecchio, con la voce che riconoscevo, parole che sentivo per la prima volta. Perché per la prima volta erano mie. Mi stringeva le mani, si annientava per raccontare sulla mia pelle la sconosciuta e antica favola dell’amore. E io viaggiavo stringendo le sue carezze, per ritornare. «Sono felice» mi diceva. «Tu sei felice?» . Lo ero. Solo ora ne prendo coscienza. Prima di lui non ero che uno spirito senza il corpo e ora lui con il suo amore plasmava la pelle del mio spirito dandomi il corpo che volevo. Che desideravo. Sentivo la sua anima. Piangevo le sue lacrime e lui piangeva le mie. In quei minuti ignoravo la felicità. Sentivo solo di percepire il mondo in modo nuovo. E quel nuovo mondo era lui. Lui che non aveva mai dovuto chiedere nulla alla vita. Lui che non ne comprendeva più il valore. Lui, che si era smarrito in un mondo di divertimenti leciti e illeciti. Lui che aveva perso la bellezza, e ha voluto recuperarla in me. Lui che mi ha chiesto tra i baci una promessa. Lui che stringendomi forte tra le sue braccia sicure mi ha accompagnata ai binari del treno. Lui, che sui gradini di questo stesso treno ha lasciato sulle mie labbra il sapore del suo amore. Lui, che con quello stesso bacio mi ha lasciata andare. Ed entrambi sapevamo che c’era scritto addio nei nostri occhi separati dai finestrini.
Paesaggi che scorrono lungo paesaggi. Dal blu intenso che cela la notte al grigio azzurro del cielo che rivela già il giorno e che colora quelle fotografie in movimento con le tracce di una vita che si è fermata ad accarezzarle. Ora il treno è partito e le luci delle case lontane mi fanno compagnia, assieme a quegli sguardi bellissimi e indicibili che ci sono stati tra noi. Io parto. Lui resta. Come quando ero bambina ho poggiato le mani e il viso al finestrino, e poi è stato solo il fischio del treno e il vento che ci ha portati via.
Tolti gli strascichi romantici e gli schemi del dover essere. Tolti i canoni e le costrizioni. Tolte le supposizioni e le incertezze. Tolta la paura ecco cosa resta. Ecco che l’amore si rivela nella bellezza di attimi indimenticabili in cui senza pensarci si è liberi di stare bene. Così bene che smetti anche di chiederti perché, e non ha importanza programmare le prossime mosse o calcolare quanto durerà. Perché nel tempo del cuore quegli istanti sono già eterni. Caro fratello, ora le nostre vite torneranno a essere quelle di prima. Ma adesso sono diverse. Sappiamo entrambi che al di là della distanza c’è una nicchia scavata per noi nel cuore e nello spazio del vento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 

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